Essere felici: si impara dai bambini.

Essere felici: si impara dai bambini.

Sei felice? Già, difficile rispondere a questa domanda. Cos’è la felicità? Può sembrare banale ma possiamo impararlo dai bambini, perché non hanno gli stessi “schemi” di noi adulti.

Arriva il tempo di tirare un po’ le somme. Si fa ogni tanto, no?

Si riflette sullo stile di vita, le forme, le abitudini e lo spirito, quello che magari non è più come una volta. La felicità la si mette in un gioco di parole per far finta il più delle volte di essere felici davvero.

I “no” sono molti più dei “sì” e i “voglio”, si trasformano in “devo”. Non si ha più voglia di fare certe cose che magari prima si facevano e peggio ancora, capita di rimpiangerle. Ma perché?

Forse perché “ormai” si è adulti? “La vita va così, che ci vuoi fare?”

Sono stato piccolo anche io, suona strano ma è così. Avevo tutte le mie paure, i sensi di inadeguatezza che mi sono poi portato appresso nel corso degli anni, attraverso la scuola, il lavoro, il primo amore e poi sotto mille altre forme negli anni a seguire. Da sposato, imprenditore, amico o collega.

Tu che mi leggi magari no, anche se sono convinto ognuno a proprio modo ha conservato i ricordi dei propri punti di debolezza e magari li nasconde ancora oggi, tra tutti gli atteggiamenti tipici “dell’adulto”.

I più coraggiosi ci hanno lavorato ed oggi sono liberamente allo “scoperto”, lontani da quei ricordi. Altri invece finiscono inevitabilmente per rinchiudersi dentro schemi tipici che appunto, il diventare “adulti” e il dimostrarlo ci impone.

Vi è mai capitato dopo una cena, di confidare ad un amico o amica: “bella serata ma mamma mia, come era noioso quel tipo.”. Ecco, questo è il punto su cui vorrei soffermarmi.

Essere felici: si impara dai bambini.

Non prendersi sempre sul serio

Quando è stata l’ultima volta che hai camminato sotto la pioggia senza ombrello, dico camminato, senza preoccuparti ti stessi bagnando? Quante volte prenoti l’albergo, il ristorante o un volo? Questo bisogno di controllare e pianificare sempre tutto. Quando infatti hai detto “si” ad un viaggio improvvisato di un’amica ad esempio o quando hai detto “no” al tuo capo, solo perché dovevi “fare l’albero” nella recita di tuo figlio?

Quando hai fatto l’ultima volta l’amore in un cespuglio sul lungo mare affollato, rubato un fiore da un davanzale da regalare, fatto il bagno nudo di notte, pisciato tra le macchine parcheggiate in mezzo la strada (sì, un po’ forzato ma rende l’idea), indossato un paio di orribili orecchie da coniglio solo per scherzare con gli amici, giocato a pallone con tre ragazzini sconosciuti per strada o messo la faccia bagnata nella farina mentre stai cucinando, per farti un selfie da mandare al tuo partner che sta per rientrare a casa?

Se almeno a tre di queste hai risposto: “sì, l’ho fatto!” probabilmente capisci a cosa mi riferisco. Che tu sia donna o uomo, che tu abbia 30, 50 o 60 anni… pensaci un po’. C’è una differenza sostanziale tra il fare ogni tanto i “cazzoni” …ed esserlo.

Certo, non sono cose fondamentali nella vita, si può anche farne a meno. Siamo adulti, quindi dobbiamo essere seri. Ma il tema è: siamo capaci di non prenderci sempre sul serio o di non prendere la vita come fosse sempre e solo un grande impegno, una strana grave forma di responsabilità o responsabilizzazione nei confronti di chi, cosa o come …e pensandoci bene: ma perché?

L’invecchiamento è un processo inevitabile ma è prima di tutto un percorso mentale. Un modo e una capacità di rimanere sempre aperti agli stimoli che giorno dopo giorno la vita ci pone, in ogni momento e da ogni parte. Se si è in grado di riconoscerli.

Non coglierli, è la via per rimanere tendenzialmente in basso, in un triste appiattimento, vittime di una certa noia, abbandonandoci a quei ritmi di vita che ci impediscono poi di avere ogni giorno la luce della vitalità negli occhi e un’energia vitale da condividere.

Essere felici: si impara dai bambini.

La flessibilità và allenata, l’elasticità affrontata e il pensiero laterale diventa fondamentale, perché scatena mille altri fattori che ci permettono di vedere la vita sotto nuovi punti di vista, senza continuare a vivere imbrigliati negli schemi che noi stessi ci imponiamo nel corso degli anni, impedendo così al nostro umore, di poterne uscire senza lividi.

Non sono uno strizzacervelli o un mental coach. Sono banalmente uno che nella vita ha affrontato il tema, tutto qui.

Ho poi un blog, sperando di riempirlo di contenuti che piacciano e racconto ciò che vedo, sento e vivo. Condivido le mie esperienze e i miei punti di vista, convinto che nella vita tutti abbiamo un percorso da fare. Ed io, lo sto percorrendo.

Si parte da luoghi e tempi diversi ma il percorso è molto simile per tutti. C’è chi è più capace e chi meno. Chi è più o meno fortunato ma tutti abbiamo uno stesso desiderio: essere felici.

Essere felici: si impara dai bambini.

Essere felici davvero

L’approccio alla vita. Non vuol dire essere eterni bambini. Basta solo ricordarsi come eravamo, perché sanno come divertirsi, usano la fantasia e la curiosità.

In psicologia la curiosità è indice di una mente fresca e allenata, una funzione biologica capace di scatenare meccanismi molto utili al nostro umore e alla bontà delle relazioni con gli altri.

I bambini con i loro giochi e il loro modo di interpretare la realtà, insegnano cose che gli adulti reputano ahimè troppo spesso inutili, buffe o peggio ancora noiose, persi ormai nei meandri della propria razionalità e in una presunta e presuntuosa conoscenza acquisita. Le vacanze in barca con le famiglie, mi hanno insegnato a capire molte più cose sulla mia capacità di relazione, che in mille altre con gli adulti.

Ogni età ha il proprio livello di responsabilità. Ma loro sanno sempre come ad un certo punto possano divertirsi. Nonostante non sappiano come fare il compito di matematica, dire la prima volta “ti amo” o siano obbligati ad andare a letto senza mangiare se hanno risposto male alla mamma.

Analogie che potremmo tradurre in situazioni simili di fronte ad un capo, a cui non possiamo rispondere male, anche quando se lo meriterebbe. Un progetto da consegnare per ieri o un “ti amo” molto difficile da dire o …che si aspetta da tempo.

La differenza è solo nell’approccio. La voglia di fare e non il doverlo fare. Con l’energia giusta, senza prendersi troppo sul serio.

L’energia va, dove va la nostra attenzione!

Essere felici: si impara dai bambini.

Spontaneità, la libertà di essere ciò che si è. Punto. Con i propri limiti e incapacità di fare cose che magari altri sanno fare anche meglio. Vabbè, chi se ne frega. “Bravo, sono contento per te”.

La spontaneità è anche nel saperlo riconoscere, essere felici per gli altri. Non è tutto più facile così? Alleggerirsi di pesi inutili, presenti solo nella nostra mente. Zavorra.

Essere permalosi, presuntuosi, boriosi o fare gli orgogliosi ci spegne l’energia, nostra e di chi ci è attorno, facendoci risultare noiosi (come quel tipo a cena), allontanando chi ci è vicino. Ma soprattutto, spegne il nostro entusiasmo, che vive invece di spontaneità e leggerezza, quella che hanno i bambini appunto.

L’unica differenza da capitalizzare dunque è l’esperienza, senza vivere in difesa, da prevenuti, nel rispetto delle proprie idee e aspettative. Serenamente. Anche se poi la gerarchia in un posto di lavoro e l’obbligo che deriva da una risposta del tipo: “se vuoi le regole sono queste, altrimenti puoi prendere la porta e andartene” ci mette duramente di fronte ad un’altra forma di libertà: il coraggio.

Beh, io un giorno ho deciso. Ho preso la porta e me ne sono andato. Ma come arrivare a prendere certe decisioni, è un altro argomento.

Per quanto mi riguarda questa è una grande libertà. Dopo, comincia la felicità.

Agendo in questo modo, forse finalmente vedrò molte più persone a bordo di una barca a vela senza più troppe “seghe mentali” sul tema “oddio la nausea, gli spazi stretti, chi lava i piatti, quando arriviamo, no ai cambi di programma, come mi asciugo i capelli, perché sbandiamo, ecc.

Se vuoi essere felice, devi riconoscerlo solo a te stesso. A nessun altro.

E se conosci il tuo mare… saidisale.

Ci vediamo su Facebook 😉😃

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6 Commenti

  1. Raffaella Buonaiuto ha detto:

    Molto carino ed intrigante l’articolo che fornisce ottimi suggerimenti su come “trovare la felicità” che spesso non è una chimera ma è ad un tiro di schioppo da noi.. Il problema è che noi guardiamo altrove stupidamente, pensando di rimandare il momento della felicita a quando siamo “meno impegnati”. Oggi gioco con mio nipote, di pochi mesi, divertendomi come non mi sono mai divertita a vent’anni giocando con i miei figli. Avevo vent’anni, ma ero troppo impegnata a fare “cose serie”. Pensavo di “dover giocare per tenerli buoni”, non per divertirmi in prima persona, rimandando l’appuntamento con la “felicità” a data da destinarsi.E la “felicità”, puntualmente, si faceva aspettare. Oggi so che la felicità é liberarsi da zavorre mentali, cogliere l’attimo, individuare motivazioni per essere felici nell’adesso. Mi sono messa in testa, oggi, che dovrò fare l’esperienza di andare in barca a vela e già questo mi dà gioia, senso di libertà, di appagamento.

    1. È molto bello quello che scrivi. La verità è dove la cerchiamo, per cui sono felice che il pensiero di andare in barca ti dia questo senso di gioia. Ti assicuro che è cosí e una volta che sei a bordo, difficilmente vorrai tornare …con i piedi per terra 😉😄

      1. Raffaella Buonaiuto ha detto:

        Nel frattempo andrò a godermi un’altro pezzetto di felicità in quel di Milano dove é nata un’altra nipotina, Virginia. Nel frattempo progetterò di certo qualcosa che abbia a che fare col mare in tutte le sue declinazioni. Buona giornata!

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