Il tuo “vecchio” è il mare. Una storia come tante.
Vorrei dire amalo, gridalo, chiamalo, nel tuo essere quello che sei mentre credi di fare ciò che vuoi, anche dietro le sfumature di un carattere che dopo anni sai di avere, nonostante tu dica il contrario. Questa è una storia come tante. Quella del tuo “vecchio”, un po’ come è il mare.
Mentre cerchi i perché da dare a quel qualcosa di incompiuto. Mentre capisci che l’unica risposta è in ciò che deciderai di fare poi nel corso dei tuoi anni.
Prendi così il largo nella vita, a migliaia di miglia di distanza da quel porto sicuro e protetto da cui sei partito, in quel mare fatto di ambizioni che hai o che pensi di avere. Navighi a vista ma vorresti essere certo di poter pianificare il tuo viaggio, in balia di una forza che non conosci ma che pensi di poter gestire.
Ti allontani miglio dopo miglio lungo rotte inaspettate, quelle dei tuoi bisogni, quelle che tu chiami sogni. In balia del vento e tra le onde navighi in quell’ovunque, dove lo sguardo è in cerca di riferimenti, in cerca di un obiettivo.
In mare così scopri la vita e la vita è il tuo mare, quell’immensità che prende forma affrontando la sua forza e il suo essere vivo, la stessa forza che vorresti fosse parte di te.
Impari quindi ad amare la paura e la coscienza, evocando così il rispetto da dare all’impeto di questo mare. Comprendi quanto sia vero e importante l’inaspettato e quanto questa cosa al contempo ti ecciti. Impari a prender fiato tra un’emozione e l’altra, tra le onde del tuo destino.
Butti un occhio ogni tanto alla bussola per capire dove stai andando e prosegui sereno, cerchi di capire se stai facendo quello che devi ma non fai altro che alimentare grandi insicurezze.
Giorno dopo giorno lasci il comando alla vita ed ai segni che inevitabilmente lascia su di te, quando pensi a ciò che avresti voluto vivere e che evidentemente non è stato.
Navighi tra le onde che sbattono violente lungo lo scafo che cerchi di governare, tra gli spruzzi fatti di lacrime e sale, saldamente aggrappato al tuo bisogno di gestire le tue paure.
Trovi anche la forza e la rabbia di governare le vele della tua barca ma non è quella fisica a salvarti. La forza è fatta di certezze. Sì.. se sai di averne.
L’odio e l’amore, la passione, l’orgoglio e la tenacia contrastano la violenza inaudita della tua natura, del tuo mare, onde grandi e invadenti che sopraggiungono ogni volta che pensi di averle superate tutte.
Il mare non perdona, come la vita ma sa essere guardiano di tesori che nel tempo probabilmente un giorno ritroverai. Dopo anni, dopo l’ennesima mareggiata, sulla spiaggia. Lungo il viaggio che fai con la testa, attraverso il mondo, nel tentativo di perdonare ciò che non hai mai saputo nemmeno di essere.
Nell’impeto di quelle onde che genera la natura quando decide debba andare così, in cui c’è però la risposta, nelle forme di quelle nuvole che prima non sapevi distinguere ma che ora impari a conoscere, mentre finalmente le guardi dileguarsi in cielo. Sono i segnali di una vita che poi non è così diversa da molte altre, da chissà quali altre storie di mare.
E finalmente la pace. Quando sei là… con te stesso e con la vita.
Ora non piangi più. Invece ridi, di quel ricordo e di quel dolore, svanito con l’aria intensa di una brutta depressione, nata da quell’aria fredda e gelida che incalza abbassando violentemente il tepore della tua area di comfort, che però ora sai difendere. Tutto ha un tempo. Finisce. I segni vivono.
Sono parte di quella vita che cerchi di capire ogni volta che pensi a lui, lungo l’orizzonte che scruti quando ti guardi allo specchio, navigando il mare del tuo essere ciò che sei, mentre lentamente accetti quel che è stato… mentre lo guardi invecchiare.
E’ il tuo vecchio, è tuo padre.
E’ il mare, quello in cui navighi da sempre, che porti dentro e nel tuo sguardo, che non sai controllare ma semmai, con il tempo hai imparato a gestire e forse, anche ad apprezzare.
La tua vita è il mare …e se vai per mare, saidisale.
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