Amel Super Maramu: 16 metri di puro amore.
Lo sento ancora, l’odore del legno di rovere di quella “cresciuta” signora del mare. Un catch dei primi anni ’90 immatricolato a La Rochelle da un francese e venduto poco dopo ad un appassionato signore italiano, che lo terrà invece per i successivi vent’anni.
E’ un Amel Super Maramu di 16 metri e circa venti tonnellate di stazza. Un motorsailer con 2 alberi studiato per navigare a lungo intorno al mondo e molto comodo in equipaggio ridotto. Vele leggermente sottodimensionate e manovre tutte in pozzetto, con comandi elettrici a portata di mano.
Era questo il sogno del suo armatore e della moglie: fare il giro del mondo. Un sogno venuto a mancare assieme al suo sognatore pochi mesi prima di prendere il largo, dopo una vita passata in attesa della pensione.
Una storia affascinante ma tristemente vera, una maledizione che mi riconduce alla morte prematura anche di mia mamma. Quel destino infame che conferma quanto sia importante viversi il viaggio, più che attendere diabolicamente quella destinazione che probabilmente non arriverà mai.
Una vita da vivere ogni giorno, in tutte le sequenze degli attimi che ci vengono concessi. Così come in qualche modo ha fatto lui, l’armatore, condividendoli prima con la moglie e poi assieme alle figlie e quindi i nipoti.
Questo mi racconta Marta, una delle due figlie che eredita Snark VI (la barca), la passione per il viaggio e per la vela ma soprattutto l’onere e l’onore di continuare a farla navigare, portando con se ogni ricordo nato e cresciuto a bordo, ancora oggi saldamente vivo nel cuore e nelle foto appese alle pareti della dinette.
Un’amore che anche io ho la fortuna di condividere per quindici giorni con loro, in qualità di loro skipper. Siamo partiti da Bisceglie, un paesino della Puglia (regione di origine di Marta) a pochi chilometri dal Salento. Tutti insieme, alla scoperta della Croazia tra le isole Incoronate e della Dalmazia centrale.
La famiglia armatrice
Marta ha in se l’energia e la positività di questo stile di vita, passione che cerca di condividere quanto più possibile con il marito (anch’esso pugliese) ed i 4 figli (nati e cresciuti a Boston). Un tempo che purtroppo si limita ad una sola volta l’anno, d’estate, considerando che vivono da quasi trent’anni all’estero.
Un appuntamento però fisso da qualche anno, che cerca in tutti i modi di rispettare da quando è morto il padre, nei luoghi dove sono nati Marta ed il marito Ale e dove i figli ritrovano le origini e la voglia di fare tutto quello che il mancato nonno ha tramandato anche a loro, attraverso la luce viva negli occhi della loro mamma e papà. Un amore che trapela in ogni gesto di attenzione che hanno tutti per la barca, tra loro e anche per me.
Rick e Ludo, sono due dei quattro figli che sono a bordo. Rick è il “piccolo” tredicenne. Non resta fermo un attimo e non perde occasione di giocare con la pazienza di suo fratello Ludo (15 anni). Ben fisicati nonostante la giovane età. Instancabili sportivi, amano giocare a pallone che a casa praticano seriamente. Uno sport che a quanto pare negli States sta prendendo concretamente il sopravvento.
Sono pieni di energia, avvolti da una tenera e amorevole relazione con i genitori e nonostante tutti i litigi, anche tra loro. Faticano a parlare correttamente italiano ma si esprimono molto meglio di nostri connazionali.
Mamma e papà sono educati, simpatici e premurosi, nei confronti dei figli e anche miei. Ale è un mio coetaneo, che ogni giorno si sciroppa da 10 a 20 chilometri di corsa. Sì… in barca si corre. Basta organizzarsi con il tender e si scende a terra. Una bella notizia per quelli che pensano alla barca come una cosa monotona e limitata. L’unico vero limite è la voglia e la fantasia di fare cose, vedere posti e incontrare gente.
Marta poi è una donna solare, piena di energia e sempre disponibile, in grado di godersi ogni attimo di quel viaggio che porta da sempre con se nel cuore, seppur con quella simpatica nota di apprensione che ha nei confronti della sua barca e dei figli. Devo dire che Ale in questo è il suo degno compagno, l’altra metà di un intero fatto di sani principi e solidi valori morali e umani.







Timeline
Ore 8 – Sveglia (quella ufficiale).
Diciamo ore 7/7:30 …per lo skipper. Non è bello che il comandante si svegli dopo i propri ospiti. Una cosa che dopo i primi giorni però mi rendo conto mi verrebbe pure concessa se lo ritenessi necessario.
Un gesto che fa parte di quell’attenzione e sensibilità che li contraddistinguono. Un dettaglio carino da raccontare ma inutile, visto che Ale ha la sindrome di Forrest Gump: corre, a volte alzandosi presto. Per cui essendo io in dinette, è difficile non condividere la sua passione. Ma lo faccio volentieri. Difficile dormire profondamente quando hai la responsabilità di una barca, soprattutto quando sei in rada.
I ragazzi ovviamente non si smuovono prima delle 9:30/10. Per cui la prima tappa della giornata è la corsa, per chi corre, una passeggiata per chi passeggia, giocare a pallone ovunque sia possibile, per chi ha trent’anni in due. Preparare e verificare la barca per chi deve controllare: io.
Una divisione di ruoli quindi ben distinta ma che nel corso dei giorni si assottiglia sempre più, mano a mano che le relazioni si integrano con lo spirito di quella convivenza fatta di colazioni, pranzi, cene, tuffi, chiacchiere, burraco e nanna… fatta nei cinque posti letto divisi in pochi metri quadrati ma ben organizzati: due cabine (prua/poppa), due posti letto tra dinette e la zona di passaggio antistante la cabina di poppa.
Ore 11 – La vita prende forma
Con i ragazzi si sveglia anche la giornata. Le richieste di fermarsi per fare qualcosa si fanno sempre più pressanti man mano che passa il tempo dal loro risveglio, prima di entrare nella zona: “mamma quando si mangia?”
Per cui si trova una rada per fare uno o quattordici tuffi (per chi non lo fa appena sveglio), per rilassarsi al sole oppure all’ombra, lasciandosi andare alla scia del canto delle cicale, al profumo di macchia mediterranea e alla brezza che non sempre è così puntuale.
Dal pranzo in poi invece vale tutto. Si può restare fermi a fare niente o al contrario fare tutto: pescare (dove possibile), nuotare, dormire, scrivere, leggere, scendere a terra con il tender per esplorare, giocare a pallone (chiodo fisso dei ragazzi), per fare una passeggiata… aspettando il momento più bello: il tramonto, quello che condividiamo con una Corona ghiacciata, sulle note di una playlist soul/jazz di Ale. Se non subentrano quelle dei ragazzi… decisamente più movimentate 😀
Ore 21 – Cena e dopo cena
Ceniamo a bordo o anche a terra, dipende dalla voglia e dallo stimolo che arriva dal posto in cui siamo. Uso il plurale perché oltre a beneficiare della loro cambusa, ho avuto il piacere di condividere anche il loro tavolo al ristorante. Menù ricchi e gustosi a base di pesce e armonia, attimi di storie raccontate davanti ad un vino bianco ghiacciato che Ale ha saputo organizzare sapientemente a bordo o scegliere a terra nei vari ristoranti.
Volti di persone serene che vivono a stretto contatto, appartenenti tutte ad uno stesso mondo, seduti ai tavoli di un lungo mare o all’ombra della luce di una lanterna solare che dondola a bordo, sul tavolo …ad un certo punto coperto di carte, mentre si gioca a burraco prima di andare a letto. Non oltre le 23, massimo mezzanotte.
Il bello di un viaggio: condividerlo.
Momenti di vita vissuta, che queste persone hanno saputo regalare anche a me, facendomi sentire parte della famiglia. Spazi di vita che ho cercato in ogni modo di rispettare e non invadere nonostante gli spazi ristretti, lasciandone quanto più possibile a loro, quando mi sembrava di invaderlo con la mia presenza.
Una storia che ho avuto voglia di raccontare perché fa ora parte della mia, nel viaggio che giorno dopo giorno affronto attraverso la vita. In viaggio verso quel bisogno di trovare pace e serenità, come tutti. In equilibrio su quel sottile filo di separazione tra sogno e realtà, lungo le strade di mille destinazioni che cerco in ogni modo di non rendere mai quelle finali.
Con lo stesso modo di intendere la vita di chi ha saputo concedermi un piccolo spazio nel loro, seppur ingaggiandomi per lavoro, come skipper. Uno stile di vita che accomuna poi tutti quelli che scelgono di viaggiare con uno zaino in spalla, di attraversare il mondo tra le culture che lo abitano, senza badare troppo alle forme, senza rinunciare ad un senso di libertà necessario, in luoghi lontani che si cercano sulle riviste e molto più spesso dentro di se, con quel bisogno primordiale di non sentirsi mai sazi di vita.
Ognuno in viaggio con i mezzi che ha e che preferisce; a piedi, in bici, in moto, auto, bus, treno, aereo… o come piace a noi: in barca a vela.
Ci vediamo anche su Facebook.
bellissimo racconto!
Grazie mille ☺️ 🙏 …se ti piace ciò che racconto ed ovviamente hai piacere a farlo, condividilo per aiutarmi a far scoprire il bello di andare in barca a vela 🤗 grazie. spero che anche gli altri racconti siano di tuo gradimento 😉⛵️☀️