Sono sempre per mare.
Vorrei dedicare questo blog alle persone che oggi non ci sono più ma che mi hanno lasciato qualcosa cambiando la vita. Mia madre, che mi ha fatto capire che valore ha la propria autonomia, mentale e spirituale e quanto sia determinante viaggiare con bagagli leggeri attraverso la vita. Lorenzo, un caro amico che mi ha accompagnato da terra in barca, con il quale ho condiviso le mie prime esperienze in mare e che oggi rivivo ogni volta che apro le vele al vento.
Questo, il racconto che scrissi pochi giorni dopo che mancò. Entrambi li ritrovo sempre per mare, quel mare che skip amava tanto e in cui mia mamma dopo averci vissuto per molti anni, oggi riposa in pace.
In un silenzioso dormiveglia cullato dal rollio della barca, apro lentamente gli occhi ormai illuminati da un fioco raggio di sole primaverile che penetra le tendine dell’oblò. Comincia con questa scena il ricordo che ho dentro me, avventurandomi con la memoria tra le prime esperienze di mare. Ricordo che la sera prima avevamo esagerato con la Sambuca nel pozzetto della barca, ormeggiata a una manciata di remate dalla banchina, mentre il peso della testa si faceva involontariamente sentire. Ero convinto dormissero ancora tutti ma dei rumori mi fecero pensare che qualcuno probabilmente fosse già sveglio. Con i capelli arruffati dal cuscino improvvisato con l’asciugamano la notte precedente, uscii dalla mia cuccetta per salire le scale della dinette. Un respiro profondo a pieni polmoni, colmò il mio bisogno di serenità, dopo l’ansia accumulata durante la settimana lavorativa. Che quiete, che pace, che mal di testa. Era il sabato mattina di un week end improvvisato il pomeriggio prima, dopo che una telefonata di skip, ricevuta nel bel mezzo di una riunione, mi avvisava che la sera stessa saremmo partiti. Mi diverte improvvisare qualcosa ogni tanto, mi aiuta a staccare dalla vita in cui tutto deve essere programmato, anche un aperitivo. Lo vedevo trafficare a prua con qualcosa. “Buongiorno, che ci fai già in piedi?”, gli gridai sommessamente con voce leggera cercando di non disturbare gli altri che ancora non avevano dato segni di vita. “Buongiorno a te caro, sto cercando di sistemare le luci di via. Vorrei partire presto, la strada è lunga”, mi rispose “skip con chitarra”. Era il modo con cui identificavo il mio spirito guida a bordo. “Hai bisogno di una mano?”, gli chiesi coraggiosamente nonostante non mi reggessi in piedi. “Non ti preoccupare ho finito”. “Meno male”, dissi onestamente a me stesso. Avrei combinato certamente qualche casino. Skip stava sfidando i fumi dell’alcool come era abituato a fare in quei casi e con grande determinazione e responsabilità, svolgeva le sue funzioni di comandate a tutti gli effetti, anche in quelle condizioni. Si insomma, le condizioni che avvertivo almeno io in quel momento. Lui evidentemente non le avvertiva così come me. Decisi quindi di rientrare in dinette a preparare un caffè. Questo richiedeva certo una concentrazione decisamente più all’altezza dello stato cerebrale in cui versava la mia mente in quel momento. Qualcuno dormiva ancora, haimè proprio di fronte la cucina e probabilmente il mio armeggiare lo obbligò a sentirsi anch’esso coinvolto dalla bella giornata di navigazione che stava piano piano arricchendosi dei membri dell’equipaggio. Dopo circa 30 minuti eravamo tutti nel pozzetto, ognuno con stampato in faccia qualcosa di inspiegabile da raccontare. Il caffè, tre biscotti e due battute sulla sera prima, stavano ridonando lentamente quei segni di ambientazione necessari per realizzare che da lì a breve avremmo dovuto prendere il controllo di quella “vecchia” barca alla quale, con tanta pazienza negli ultimi tempi, era stata ridonata la gioia di navigare come ai vecchi tempi. Si leva l’ancora e si parte finalmente. Il viaggio ha inizio. 15 miglia per giungere a quella destinazione che ci avrebbe arricchito di altri tre membri dell’equipaggio. Pochi minuti di motore per uscire dal porto e poi finalmente si spegne. Dopo le manovre previste, le vele sono a segno e gonfie di vento, con il genoa immenso che si impone orgogliosamente alla rotta da seguire. Una fragorosa presenza del mare ancora abbastanza tranquillo delle prime ore del mattino, accompagna il ritmato ondeggiare della prua, colorata dai riflessi del sole che vi si inserisce. Il mare sembra quasi si voglia lasciare domare, come se volesse dare il bentornato alla barca che anni prima lo navigò per migliaia di miglia, in ogni circostanza e condizione meteorologica. A est il luccichio del sole ancora basso, rimbalza allegramente sulle onde increspate dal vento ancora poco presente, accompagnando il nostro viaggio. Non tanti nodi ma sufficienti per darci quella magia che solo la navigazione a vela sa donare. Al timone controllo i filetti, mentre skip briffa l’equipaggio che nel frattempo si è ripreso perfettamente dai vapori del dolcissimo liquore della sera prima. Non vi racconto l’acidità che crea nello stomaco un litro di Sambuca. Meno male che il mare quella mattina, non stava litigando con la Luna. Skip ha sempre un sorriso e una gran voglia di fare davvero contagiosi. Incredibile come sappia interagire con il tuo essere, anche se a volte sembra un po’ un orso bruno con i suoi modi. La battuta sempre pronta e apparentemente distratto dalle cazzate che si raccontano, è sempre però attento a correggere la manovra o a intervenire ad ogni minimo imprevisto. Una predisposizione naturale al comando, pur senza imporsi. Mi raccontava in altri momenti di mare trascorsi assieme, che aveva imparato a navigare ancora prima di andare in bicicletta. Una gioia coinvolgente sentirlo raccontare le sue avventure al timone, anche se qualche volta secondo me, erano arricchite dalla fantasia che lo caratterizzava. Era il suo bello comunque e andava bene così. Giunti a destinazione, avvisiamo il porto del nostro arrivo e le manovre di attracco le gestisce skip. Facciamo salire a bordo gli ultimi componenti dell’equipaggio che dopo essersi sistemati nelle loro cabine, prendono parte all’entusiasmo naturale che accompagnava ogni nostra uscita in mare. Rotta 253 alla volta di Porto Ferraio, uno dei porti più antichi dell’Isola d’Elba. E’ ancora presto, ma decidiamo di fare il primo spuntino con salame, formaggio ed ovviamente un buon rosso che non manca mai a bordo. Con qualche fetta di pane e alcune acciughe, brindiamo alla nostra salute e alla gioia di stare assieme. In una giornata di mare, le soste premianti sono diverse e ogni occasione è buona per stuzzicare, bere birra o farsi un goccetto di vino. Chi sale a bordo pensando di dimagrire, credo possa rimanerne deluso. Skip intanto si prepara la sua solita sigaretta con tabacco arrivato da chissà dove. Con la sua voce profonda avverte che con il vento in poppa avremmo provato a issare lo spi. La bocca era ancora piena ma ci mettiamo ugualmente in posizione per non perdere le condizioni di vento ottimali. Dopo le manovre necessarie, bastano pochi minuti per ammirare la maestosità dello spi innalzato davanti a noi. E’ un’emozione indescrivibile sentire la barca portata dalla forza prorompente di una vela così grande. E’ bellissimo, fila che è un piacere. Nel frattempo con una mano al timone e nell’altra una birra, mi godo orgoglioso lo spettacolo assieme a tutti gli amici, con i quali alziamo al cielo le schiumose lattine di birra, incontrandoci in un amichevole e liberatorio: “raga, alla nostra salute”. Sono solo parole ma che mi ridonano quelle emozioni vissute per la prima volta in mare, finalmente su una barca a vela come sognavo da bambino. Chissà per quale sinistro motivo non mi era mai stato concesso di viverlo prima. Quello stesso destino però, decise che un giorno qualcuno dovesse farmi vivere questo sogno e un colpo di telefono, fatto ad uno dei tanti numeri trovati nel web, me lo regalò. Quel giorno, con quella telefonata, conobbi Skip. Skip mi ha aiutato a capire e rispettare il mare, a conoscere la vita di bordo, ad essere sempre vigile pur lasciandosi andare al divertimento. Mi ha aiutato anche ad ottenere la patente nautica, coinvolgendomi in mille altre attività, spesso non sempre con grande successo, perchè sempre preso dal mio lavoro e dalle mie mille distrazioni che non è il caso di raccontare adesso. Lo ricordo come una grande persona e benchè abbia avuto modo di conoscerlo per meno tempo rispetto ai mille amici che aveva, con alcuni dei quali, ho avuto l’enorme piacere di condividere la grande gioia di vivere che li contraddistingue, è stato capace non so come e perchè, di lasciarmi tanto, proprio tanto. Skip ha i capelli castano chiari tendenti al biondo, tipici da skipper e sempre simpaticamente spettinati, occhi illuminati dalla vita, con un timbro di voce caldo e profondo. Skip si chiama Lorenzo e lo vedrete ogni volta che vorrete, rivolgendo lo sguardo al mare, quel mare che ama così tanto.
Milano, 18 luglio 2008