Isole Lofoten in barca a vela: 70° latitudine nord.
Si può organizzare un viaggio con pochi amici alle Isole Lofoten, a 70° di latitudine nord (entro il Circolo Polare Artico) e spendere meno di 2000€ a testa tra barca, viaggio e cambusa? Sì …e vediamo ora cosa abbiamo scelto!
Siamo in Norvegia, dove il tempo è relativo e la natura si offre all’obiettivo delle macchine fotografiche con colori incredibilmente intensi, veri, ricchi di sfumature e contrasti.
Un viaggio organizzato durante i 7 giorni del solstizio d’estate, quando cioè il sole tocca l’orizzonte ma non scende mai al di sotto, accompagnandoci lungo giorni che non finiscono mai e soprattutto, verso il giorno del mio compleanno: il 25 giugno.
L’equipaggio e la barca a vela
Il gruppo non è stato facile metterlo assieme ma alla fine ce l’abbiamo fatta: 2 uomini e 4 donne, a bordo di un Bavaria 46 piedi (poco più di 14 metri) dei primi anni 2000, con 4 cabine e 2 bagni.
Tre quarti di noi ha la patente nautica, di cui uno anche con lo Yachtmaster. Questa certificazione non è obbligatoria per prendere in locazione le barche da queste parti (non da tutti i charter) ma ovviamente è ben vista, perché in questo modo si può dimostrare di essere in grado di gestire consapevolmente correnti e maree, che possono essere davvero notevoli.
A parte i momenti di alta e bassa marea, è necessario infatti gestire anche le correnti, che questo andirivieni genera andando appunto dentro e fuori dai fiordi. Va da se quindi, che tutto ciò influisca non solo nel fondale adatto per ormeggiare la notte (nei porticcioli o in rada) ma anche nella pianificazione dei momenti ideali ad esempio, per passare sotto i ponti, di cui sono ricche le strade che collegano le varie isole. Insomma, per il comandante non è una cosa semplice da gestire, non per chi è certamente alle prime armi.
Il gruppo ha un’età che va dai 30/35 ai 40/45 anni e ci conosciamo quasi tutti. Al di là dell’amica dell’amico che ovviamente dopo pochi minuti era già parte degli amici di tutti, la maggior parte ha navigato assieme durante alcune vacanze estive, diciamo quelle in forma più classica rispetto a questa.
Tutti quindi appassionati di vela (anche se non con particolari esperienze) ma soprattutto con il giusto spirito di adattamento, quello che serve a bordo di una barca a vela e che ha normalmente chi ama fare queste cose, ad esempio… andare alla scoperta delle isole Lofoten?
Il viaggio verso le isole Lofoten.
Milano > Copenaghen > Stoccolma > Tromsø e ritorno.
Eh sì, lunghetto come viaggio, soprattutto se si pensa che abbiamo a disposizione solo 7 giorni, di cui 2 di viaggio e 5 da fare in barca a vela, lungo le 300 miglia previste tra le coste dei fiordi norvegesi.
Ma per risparmiare qualche soldino e stare dentro al budget, era la soluzione migliore, oltre ovviamente ad una strategica scorta di cibo che ognuno si è infilato in borsa: sugo, olio e pasta principalmente, oltre al lievito, necessario per fare il pane. Divertente anche questo aspetto.
Operativi Scandinavian Airlines ANDATA:
- Linate ore 6 > arrivo a Copenhagen ore 8
- Copenhagen ore 10:20 > arrivo a Oslo ore 11:30
- Oslo ore 13:55 > arrivo a Tromsø ore 15:45
Operativi Scandinavian Airlines RITORNO:
- Tromsø ore 14 > arrivo a Oslo ore 15:50
- Oslo ore 18:05 > arrivo a Copenhagen ore 19:15
- Copenhagen ore 20:55 > arrivo a Linate ore 23:00
TOTALE SPESA 762 euro.
I circa 1200 euro rimanenti per arrivare a 2000 complessivi quindi, sono stati dedicati alla quota barca, al reintegro di cambusa e alle spese extra.

Benché sia allarmante effettivamente organizzare un viaggio aereo con 2 scali intermedi, ci va più o meno bene tutto.
Più o meno… appunto, perchè nel volo di andata uno di noi infatti ha dovuto trovare un accordo con l’ufficio “lost and found” e attendere quindi parte del proprio bagaglio.
Benvenuti in Norvegia!
Atterrati nel piccolo aeroporto di Tromsø, capisci già di cosa stiamo parlando. Siamo lontani, dai nostri soliti schemi e dai nostri soliti paesaggi. Siamo in montagna, anche se sei sul livello del mare.
L’aria è pulita come in alta quota, leggera e frizzante. Il cielo è terso, accarezzato da un vento delicato, che sposta le piccole nubi asserragliate sulle cime delle piccole vette ancora spruzzate di bianco.
Anche se c’è il bus per il centro noi scegliamo il taxi pullmino, per prendere il quale e con sommo piacere, non serve vendere la pelle (quanto meno quella di tutti). Non quanto invece per comprare una bottiglietta d’acqua naturale.
La prima notte comunque la passiamo qui, a Tromsø, 350 km a nord del Circolo Polare Artico, la città più grande della Norvegia del nord, famosa anche per l’aurora boreale invernale.
Siamo alloggiati in un alberghetto di design, molto creativo e colorato che affaccia su una delle vie del centro, da cui si intravede anche il mare e dove per fortuna, siamo riusciti a farci recapitare il bagaglio perso nei meandri degli snodi internazionali.
Il clima è assolutamente cordiale, non solo perché la Corrente del Golfo ammorbidisce la rigidità di certe latitudini ma anche perché qui sono tutti in festa. Ragazze entusiaste di chiacchierare con degli italiani (facciamoci riconoscere anche qui) e i loro vichinghi autoctoni (un po’ meno entusiasti -meglio infatti non farsi riconoscere), tutti comunque presi dai colori dei pub in assetto da festa, tra le bancarelle distribuite qua e là in occasione dei numerosissimi runners venuti fin qui da ogni parte del mondo per partecipare alla famosa Midnight sun marathon, 42 di km di corsa tra i villaggi distribuiti lungo le coste.
Isole Lofoten: qualche dettaglio
L’itinerario
Alle prime luci dell’alba… ah no, l’alba per come la intendiamo noi qui non esiste. Vabbè, alle prime luci della nostra giornata, raggiungiamo finalmente il pontile, quasi 3 metri più in basso del livello della strada.
L’escursione di marea ha reso la passerella di collegamento un vero e proprio scivolo, per cui il divertimento è cominciato ancora prima di mettere piede a bordo.
Chiuso il check-in e appurato che il lungo bastone in legno legato alle draglie di dritta serviva per spostare gli iceberg, finalmente si mollano gli ormeggi. Troveremo degli iceberg lungo la nostra rotta? Mistero.
Da Tromsø ci siamo diretti subito verso la parte occidentale dei fiordi norvegesi, navigando nel Mare di Norvegia, direzione scelta per raggiungere velocemente la parte più bassa, attraversando il ponte di Sortland, tra Andoya e Langøya e raggiungere quindi Henningsvaer e poi Reine, nella punta sud di Moskenesoya, la parte finale delle isole Lofoten, poco più di 60 miglia a nord/ovest di Bodø, un importante porto di collegamento che si trova sulle coste frastagliate del continente norvegese.
Per il rientro abbiamo invece scelto di navigare l’interno, passando da Harstad per raggiungere Flakkstadvåg, ai piedi del Parco Nazionale Åndedalen, Andennes e Gryllefjord, prima di rientrare definitivamente a Tromsø.
Nomi impronunciabili ma belli da raccontare. Insomma per capirci, siamo stati a circa 600 miglia dall’Islanda e dopo …c’era la Groenlandia.
Via terra le isolette sono collegate da strade e ponti, sotto i quali siamo passati diverse volte per seguire il nostro programma, rispettando ovviamente i momenti giusti per farlo.
Le tabelle di marea come dicevamo, vanno considerate per tre motivi: evitare di trovarsi in secca appoggiati al fondo, evitare di doversi calare sulla barca con i nodi doppi da scalatore lungo i pontili galleggianti o appunto, evitare di disalberare toccando i ponti con la punta dell’albero. Calcoli che lo skipper accorto sa certamente fare. Per cui in caso pensiate di mettervi al comando, tenente conto.
Una settimana lunghissima, forse motivata dal fatto che il sole qui non tramonta mai. Giorni indimenticabili, alla ricerca di un segno di vita e di un sogno. Alla ricerca anche di una sbuffata di balena, ovviamente mai trovate, nonostante una giornata dedicata proprio a tale scopo, passata a galleggiare lentamente lungo una rotta improbabile consigliata da qualche pescatore che a quanto pare, ci aveva indicato quella delle sardine, piuttosto che dei capodogli.
Il cibo
Da queste parti la caccia alle balene è una normalità purtroppo, anche se si cerca in qualche modo di contenerla il più possibile, grazie soprattutto agli interventi delle organizzazioni internazionali che lottano per la salvaguardia delle specie in estinzione.
Sfruttata in ogni modo e per mille motivi, è consuetudine trovarla anche nei piatti dei ristoranti e sembra proprio carne di manzo: stesso colore e consistenza.
Da queste parti è una delle varie specialità, assieme agli stoccafissi o come dicono loro tørrfisk: il merluzzo. Appesi ovunque ad essiccare durante i mesi invernali e a quanto pare anche in giugno. Oppure lo squisito baccalà, messo sotto sale: klippfisk.
Certo, se l’acqua in bottiglia è oro, vi lascio immaginare quanto possa costare il resto. Il salmone te lo preparano in ogni forma e grado di affumicatura o marinato, come le aringhe, mie preferite. Ed ovviamente birra, a fiumi, l’unica con prezzi realmente accessibili, che stappiamo nei momenti di passaggio tra i fiordi in assoluto relax ed ammirazione.
Ogni cosa è accompagnata da un bollito di verdure e salsine varie, che abbiamo mangiato sui pontili di luoghi imprecisati, persi in qualche fiordo incastonato tra scogliere a picco sulle acque gelide, in cui si riflettono le cime innevate e che d’inverno si ridiscendono con gli sci (se ami quello d’alpinismo). Qualcuno azzarda infatti anche questa abbinata: vela e sci.
Le temperature
A giugno si va dai 10 ai 25 gradi. La pioggia è quasi inevitabile ma il sole ci ha comunque premiati, assieme a qualche folata di vento teso (con punte a 15/20 nodi) che ci ha permesso di correre un po’ più veloce di ciò che ti permette di fare il motore di cui normalmente è dotato una barca a vela di questo tipo (75 cv in media per una velocità di crociera di ca. 5/7 nodi).
Se lungo la nostra permanenza a 70° di latitudine, di giorno ci siamo concessi addirittura un bel 15 minuti di petto nudo, la sera non era da considerare come dire, calda. Si può sfiorare lo zero in certi giorni ma noi non abbiamo mai avuto questa fortuna. La temperatura è sempre rimasta minimo a 7/10 gradi.
Grazie alla stufetta di bordo comunque e assieme alla condensa creata dalla nostra presenza sotto coperta o dall’acqua messa a bollire per gli spaghetti, sembrava comunque di essere a Bangkok in primavera.
Ma la regola dei tre strati funziona sempre, d’inverno e d’estate, togliendoci così dall’imbarazzo di dover sbattere i denti anche a giugno o al contrario, di soffrire il caldo.
I luoghi
La parte più divertente è stato abituarsi subito ai ritmi naturali, quelli cioè che puntualmente disattendi quando si parla di orari di sbarco. Non esiste il crepuscolo o meglio sì, il sole verso mezzanotte si avvicina all’orizzonte ma non va mai più giù. Per cui il nostro crepuscolo arriva dopo le 23 ca.
Momenti quelli per lo più votati al sonno quindi (per gli autoctoni), cioè dalle 23:30 in poi e che gestivamo in linea di massima invece, per avviare i nostri momenti di scoperta a terra, in alcuni casi anche alle 2 di notte. Per noi era sempre “il giorno prima”.
Ma questo non toglieva energia anzi, con dei turni ben organizzati si poteva gestire la navigazione lungo le 24 ore, grazie ad una costante: la luce perenne.
Nella magia quindi di un non si sa dove, attraccati ai pontili in legno creati da un chissà chi, siamo sempre stati avvolti dal verde incontaminato delle coste, una macchia verde fatta di muschi e alghe che avvolgono ogni cosa, assieme al verde intenso dell’erba bagnata dalla rugiada o dalla pioggia e che cresce attorno le case, perse nel nulla cosmico di questo sogno che ci segue h24 e a 360°.
Ma soprattutto silenzi, rotti solo dal fragore dell’acqua che sbatte sullo scafo e dal tintinnio delle posate mentre ci si arrende alla nostalgia di una pasta al sugo.
Oppure dai nostri passi, che sbattono a terra cercando scorci da immortalare in foto memorabili, grazie anche ad un’aria che non filtra i colori intensi che invece entrano diretti negli obiettivi con la stessa intensità che avverte l’occhio umano.
E poi stoccafissi, ovunque, appesi a lunghissimi intrecci di tralicci puzzosi che caratterizzano lo skyline, lunghe scie di odori, magiche storie evocate da ciò che leggiamo sulla nostra Lonely Planet, mentre scoviamo sculture di legno e ferro battuto sulle sponde, tra indicazioni scritte in una lingua per noi indecifrabile ed enormi mandibole di balena, appoggiate fuori dalle porte di case in legno rosso e mattoni, profilate di bianco, in compagnia delle loro vecchie barche da pesca ormai messe in secco.
Il mare nero e cristallino riflette esattamente ciò che avviene nella sua dimensione opposta, l’altra parte del punto di vista, il nostro, quando tenti di immergerci i piedi nelle poche volte che scendi a terra con il tender, visivamente gelida, decisamente invitante.

Abbiamo infatti provato a toglierci gli stivali per farci bagnare i piedi facendo due passi lungo il bagnasciuga di una spiaggetta bianchissima, al cospetto della sua piccola vetta imbiancata dal rimasuglio di neve invernale. Un’esperienza da …togliere il fiato ma che vi consiglio “caldamente”.
Non è un viaggio low cost ma con un po’ di accortezze si può contenere la spesa. Qualche informazione la trovate qui: Visitnorway e Visittromso ed il resto, beh… vivetevela in diretta, perchè ne vale la pena. Non sono destinazioni troppo affollate, per cui è facile trovare soluzioni di ogni genere.
Un viaggio che fatto anche in inverno, lascerà al contrario tutti al buio ovviamente ma illuminati da un’altro spettacolo della natura: l’aurora boreale. Magari non sarà da fare in barca a vela, perchè il viaggio diventerebbe un po’ troppo “tecnico” ma certamente, sono luoghi ben diversi dai soliti, che hanno davvero tanto da raccontarci, che porteremo per sempre con noi nel cuore e nel nostro modo di essere.
Un po’ in fondo come ogni esperienza che si vive dal punto di vista del mare, a bordo di una barca a vela.
Perchè se vai per mare… saidisale.
Ed ora, lasciati trasportare da questo video
Per realizzare questo montaggio, ho utilizzato alcune riprese di: