Quando parlo di mare dico sempre che sono nato con la salsedine addosso, non perché fossi cresciuto in una città di mare ma perché il mare era già in me, geneticamente. Il mare dentro, in tutti i sensi, con le sue maree e i “chiari di luna”, quelle che hanno condizionato non poco il mio ondivagare nel corso degli anni e tra i corsi affollati di una vita da cui mi aspettavo grandi cose.
Il mare dentro, forse perché mia nonna era di Trapani, una città di pescatori e non solo, dove nelle mie lunghe permanenze estive (e parliamo di parecchi anni fa) ho trascorso ore e ore al porto, a guardare i pescherecci carichi di pesce e matasse di reti chilometriche, le enormi navi che entravano e uscivano, le splendide barche a vela in legno, sognando un giorno di poterci salire.
E così era ogni volta che da Reggio Calabria raggiungevo Messina con il traghetto, dopo ore e ore di treno da Milano, viaggio vissuto non sempre a quel tempo in una cuccetta privata, abbarbicato però lassù, quella più in alto, una delle mie preferite, una delle sei presenti in uno scompartimento di 6 mq.
Beh, una volta imbarcati, per me quello era il momento che più aspettavo, per correre in lungo e largo tra i ponti e fino in plancia, dove ovviamente l’ufficiale vedendo un marmocchio fissare la porta, apriva per metterlo al posto di comando.
“I tuoi sanno che sei qui?”
“Si certo” rispondevo ovviamente io.
Gioia mia e disperazione di mamma e papà che per tutta la durata della traversata avevano l’angoscia di perdermi tra le macchine stipate o tra gli enormi vagoni del lunghissimo treno composto da 30 e più convogli, spezzettato in un’ordine scientifico per farcelo stare tutto.
Erano i primi anni ’70. Ambrogio Fogar stava compiendo le sue imprese epiche.
Poi la vita mi ha messo su altre strade, volte anche scelte da me, fino a che, dopo 30 lunghi anni decido di prendere la patente, così, convinto da un giovane lupo di mare, morto due anni dopo in un tragico incidente stradale, mentre raggiungeva la sua Lerici, dove con grande pazienza stava al contrario ridando vita ad un vecchio Comet. I casi della vita, che dà …e poi si riprende.
Da quel momento ho ereditato questa grande passione, sepolta in me per anni dalle assurde vicende che chi vuole crescere è obbligato ad affrontare.
Da quel giorno però non ho più accettato compromessi, perchè finchè hai il mare dentro, la forza di riprovarci ogni volta che ti perdi tra le onde di risacca, è l’unica cosa che ti appartiene davvero e che ti salva la vita.
Buon vento.
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" finchè hai il mare dentro, la forza di riprovarci ogni volta che ti perdi tra le onde di risacca, è l’unica cosa che ti appartiene davvero e che ti salva la vita."...stupendo questo tuo post... ! Un saluto, un sorriso, una buona giornata
Grazie montgiusi. Questo è "solo" un post ma racconta davvero in poche righe molti anni di storia vissuta. La vita a volte è proprio strana.
Sono felice comunque di averti "a bordo" fin dall'inizio di questo mio viaggio attraverso la vita.
A presto, buona giornata